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Valore legale del titolo di studio, valutazione dei docenti e "voto di scambio"

Sta riprendendo vigore il dibattito sulla possibilità di valutare le scuole e chi ci lavora. Varie indagini, fra cui le più importanti sono quelle di PISA e di INVALSI, hanno valutato alcuni aspetti della preparazione degli studenti ma si ventila anche la possibilità di chiedere di valutare gli insegnanti anche a genitori e studenti.
Un’associazione di insegnanti, l’ANIEF boccia questa possibilità paventando il pericolo di un “voto di scambio”: gli studenti e i genitori esprimerebbero giudizi positivi sugli insegnanti di manica larga mentre penalizzerebbero gli insegnanti più rigorosi.
Si sa che è molto diffusa l’idea che il compito della scuola sia quello di distribuire dei “pezzi di carta” da far valere indipendentemente dalle conoscenze e dalle abilità di chi ne è titolare. A generare questa idea è il fatto che i titoli di studio rilasciati dalle scuole (statali e paritarie) hanno valore legale. Oramai da più parti se ne chiede l’abolizione, dopo aver constatato che i voti elargiti dai docenti italiani non corrispondono né ai dati delle rilevazioni di PISA né ai risultati dei test di ammissione all’università né alla diversa considerazione in cui le aziende tengono scuole che rilasciano titoli, sulla carta, identici.
Il fondamento su cui poggia la possibilità di un voto di scambio sta quindi nel valore legale del titolo di studio, che induce a desiderare un diploma con il voto più alto possibile, indipendentemente dalla preparazione.
Se si ripristinasse ciò che il buon senso richiede, cioè che si va a scuola per imparare, per sviluppare la propria persona e per acquisire quelle competenze che permettono di essere un cittadino attivo e di contribuire alla vita della comunità in cui è inseriti, non ci sarebbe nessun conflitto di interessi: l’interesse degli studenti e dei loro genitori coinciderebbe con l’interesse generale e l’interesse generale chiederebbe insegnanti adeguati al loro importantissimo compito.
D’altra parte in questa logica, anche un insegnante potrebbe, a certe condizioni essere interessato a conoscere che cosa pensano della sua professionalità studenti e genitori, per poter raccogliere degli spunti che gli permettano di migliorarla e di mantenerla aggiornata adeguandola alle loro giuste esigenze. Gli studenti degli anni Ottanta, probabilmente, avevano esigenze diverse da quelle degli studenti di oggi.
Questo interesse sarebbe poi accentuato nel caso auspicabile in cui la scuola dovesse rendere conto del proprio operato alla comunità per cui lavora e che mette a disposizione le risorse necessarie al suo funzionamento.

Redazione
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